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"L' Inverno del passato"


Per quanto concerne il nostro caro paesello: Cansano, non so come sono le nevicate di oggi ma nel mio tempo, quando ero un ragazzo, durante solo una notte si accomolava piu di un metro di neve e siccome i vighi erano stretti, non c'era spazio per buttare la neve, cosi' la mattina eravamo costretti di tagliare una trincea abbastante larga per accomodare il passaggio di due persone oppure una persona  ed una bestia domesica. La neve veniva accatastata su i due lati della trincea formando una trincea di quasi di piu' di due metri  di altezza dove appena si poteva vedere la cima di una conca oppure un cappello nero che balzava su' e giu' di un uomo a cavallo dirigente la sua bestia a bere alla fontana al piazzale.

Tra noi noi ragazzini c'era un combattimento con le pallottole di neve invece di tirarle in alta, spesso si buttavano giu' alle nostre targhe. A volte le bufere erano cosi' feroci che costringevano a pulire le trincea  tre o quattro volte al giorno.

Pero', verso la fine dell'anno il tempo era discreto cosi' la sera di San Silvestro gruppi di noi andiamo a cantare ai nostri vicinati, cioe' a dare i buoni auguri per il prossimo anno e guai se si andava a una zona appartenente a gli'alrti, veniva una guerra. Comunque eravamo fortunati se dopo dato gli auguri recevemmo alcune pizzelle sale e pepe, un'arancia rimanente dal Natale precedente e a volte castagne guastate. Mi ricordo una serata di San Silvestro, per sbaglio andiamo a cantare a zio Panfilo (Carnaccio) appena:" Damme 'na pezzell puozz' fa' na citelelle", si sentiva lui dalla camera da letto gridare: " Jetevene ppe' la Madonne!", e dopo: "Damme nu carracine puozze fa' nu bieglie bambine", e si sentva lui: "E rifacce?", e poi:Repre la porta j cacce cacchecosa", e lui "Aspetteteme ca mo vi viengh a rapri'!", ad un tratto si apri' un finestrino e si vide un grosso braccio con un vaso lucente, fortunati che c'erano due portoni la' vicino dove si potemmo riparare da quella pioggia profumata. Zio Panfilo e sua moglie zia Incoronata, Dio li benedica, lei era una piccola donna ma lui era, di statura, veramente un gigante, aveva una sete capace di bere dieci litri di acqua dalla Canale dieci minuti di continuo, senza tirare la bocca dal  bariletto una volta, ed un appetito che quando zia Incoronata tagliava la sagna a franco bolli dovevone essere di circa un decimetro quadrato, mi ricordo che la manica della camicia gli arrivava al gomito e, come un pirata, da uno orecchio pendeva un orecchino rotondo di oro.
Io avevo due zii che erano guardie campestre, zio Isidoro Villani e zio Francesco Villani, (Ciccarieglie). Domandarono mio zio Isidoro:" Come si fa' la guardia?, e lui rispose: "L'amico si lascia passare e il contraventore si frega".Mi ricordo che il mio zio Isidoro  una volta mi disse che lui la migliore polenta che aveva assaporata,nella sua vita, era quella del Molise, mi disse che per prendere un po' di polenta  dovevi scansare le salsicce. E il mio altro zio, zi  Ciccarieglie, ad una peveretta di ragazza  mentre che lei passava nella via di Santo Donato la sua mula scappo' dentro un terreno di granturco e lui:" Ha, mo tajje acchiappate mo te la faccce mo!", e quella poveretta: "Te. ti strujje zi Cicc, chi je' quesse che me ste', a' ddicere?.

Zio Francesco era anche un capo cuoco, l'aveva imparato mentre qui' in America, lui cucinava per sposalizi ed altre maggiori occasioni, ad una sua aiutante:"Auglio' uardeme ssa pasta?", e lei: "Zi Ci' e' sfatta!" "A 'ddavere uste mo' fova crude?". Due volte all'anno lui cucinava un zif-zaf di carne e patate per i capi di Cansano, cioe' il sindaco, il segretario, l'assessore, gl'insegnanti ed anche Don Ciccio e venivono a pranzare in una sala di mio zio,  Cicc d'Attavie, ed a me, essendo al secondo piano mi veniva un odore dal cibo che quasi mi faceva venire l' acquarella in bocca, di piu' sentivo loro dare complimenti:"Francesco, questo zif-zaf e' delizioso!" e da un'altro:" Cicc, porta altri due litri?",  Alcuni giorni dopo lo vidi e gli dissi: " Zizi', pecche' nne me fe assaggia' nu poche de lebbre j patane?, e lui mi rispose: " Chi te la ditte ca fovene gli liebbre?, scine ci steve nu lebbre ma gl'eute fovene quatte atte salvaggie, ddu' volepe j ddu' martere.  

Allora, un'altro giorno mio zio, zi Cicc d'Attavie mi domando: "Salvato', pecche' nne fe' na trappula p'acchiappa' sse zoccole?", ed io rispose che non avevo il legname e lui mi disse che aveva una cassa vuota dove una volta c'era il baccala', e cosi' fui capace a costruire una discretamente bene. E' vero, nella  cameretta da letto dove dormiva mio fratello ed io, dal soffitto  c'era una pertica dove pendevono treccie di granturco e durante le notti ogni tanto si staccava una a colpire il pavimento con uno scoppio che mi faceva saltare dal letto. Pochi giorni dopo, venne giu' al macello mio cugino Giovanni, mentre preparava due pecore mi domando': "Salvato' sci acchiappate niente?, ed io rispose:"Scine, ci sta' una dentra la trappula ma e' accusci' grosse che me mette paure pure de ie vicine," e lui mi disse:

"Aspette, famme fini' ste ddu' pecure ca po' ci penze ie!", e cosi' dopo una mezz'ora venne su', prese la trappola ed usciamo fuori, lui con una piccola tazza piena di petrolio mi disse:" Mo, dopo che ie la bagna ncu glie petroglie tu repre la porta j falla scie fore", lui con un fiammifero acceso, appena io apri' la porta quella zoccola, accesa come un fulmine, attraverso' il vigo poi si arrampico' al muro della stalla di zio Panfilo (Carnaccio) ed appena arrivata al finestrone del pagliaio, che era aperto, cadde fuori morta, fortunatamente altrimento si bruciavano una dozzina di case in Via Casale.

"L' Inverno del passato"

Si comincia col spazzacamino del trentino,

vestito in nero, si arrampica alla ciminiera

dopo la fine, mentre mescoli la polenta

giu' alla caldaia cadde una fuliggine.
Appeso ad un perticone ci sono salsicce,

una polenta con strutto sul tavolino.

Le salsicce non si toccano sono a cibare

i mietitori dalla Ciuciara.

E' l'Inverno,ed e' tempo a riposare, 
la notte non si puo' dormire

si sentono i suoni dall'orchesra Aurora.

Ritorna tuo fratello, un po' bevuto,

si avvolgia con la piccola coperta  

e rimani sul'letto tremando di freddo

senza coperrta, spogliato nudo.

E' la vigilia di Natale, dopo la lettera

cinque lire, subito alla tombola,

ritorni a casa senza bottoni.

Ma che fortuna?.
Appena a letto, tardo la sera, 

un busso alla porta due carabinieri: 

Sbricati, vestiti!

 il treno alle Due Bocche

ha macellato un ferroviere!

Tremando di freddo e di paura
ritorni la mattina,

perche' non mangi la polenta riscaldata?

Non mi va'!,

piuttosto una tazza calda di vino!

Due stivali con buchi senza chiodi, 

insacchi due pagine di giornale,

biancheria intima di lana, o di lino

due giacche e due pantaloni  
una pala strofinata col strutto,
una scarfa sotto il cappello,

dieci lire a  pulire le valanghe

a i piedi della  Majella.

La sera, due mattoni riscaldati al focolaio,

con una collana di cenere attorno al collo.

un te' di malva e camomilla
a calmare una schiena dal dolore

e poi,subito al'letto a curare un raffreddore.

Perche'?, perche' eravamo cansanesi,
abruzzesi forte e gentile

e sapemmo  godere gl'Inverni

come se fossero le Primavere.          

A voi cansanesi, ovunque residenti vi augro un Boun Natale e Felicissimo Anno Nuovo!, a Merry_Christmas and a most Happy New Year!, una Felize Navitad y Prospero Ano Nuevo!

                                     Salvatore Di Camillo