La trittica delle mie esperienze
Con la storia del giovane diciottenne che viaggio` con noi sul Giulio Cesare in quel lontano 1956 si conclude la trittica delle mie esperienze di quella memorabile traversata transatlantica. La storia di questo ragazzo comincia ancora prima della sua nascita. E` una storia di quell`emigrazione
degli anni trenta, di un emigrazione che aveva quasi sempre un risvolto di sacrifici, di privazioni ed a volte di separazioni per sempre.
Si era nel 1936, in un paese del Chietino viveva sua nonna con due figlie, una ventenne e l`altra diciottenne che poi divenne sua madre. Il nonno era emigrato alcuni anni prima in America stabilendosi nel nord dello Stato di New York. La vita per queste tre donne trascorreva tranquilla, niente all`orizzonte che potesse in qualche modo alterare il loro modo di vivere. Un giorno arrivo` in paese un giovane agente forestale che, come spesso accade nei piccoli paesi, incontro` in piazza la giovane diciottenne. Fu per entrambi simpatia a prima vista. Simpatia che in poco tempo si tramuto in amore. I due divennero inseparabili tanto da progettare un loro futuro insieme. Si arrivo` cosi` alla fine del 1937 ed in Europa si comincio` a percepire aria di instabilita` politica, tanto da far intravedere una possibile guerra. Il padre delle ragazze venuto a conoscenza di questo e per evitare alla sua famiglia il trauma di una guerra decise di portarla in America. Mentre per la madre e la figlia maggiore la decisione del padre fu presa con favore, per la piccola fu come una tempesta a cielo sereno. Cerco` di far capire a suo padre che lei era innamorata del suo ragazzo
e che voleva rimanere con lui in Italia. Lui, con la mentalita` di allora, non concepiva che una ragazza, per lo piu` minorenne, potesse convivere con un uomo senza il vincolo del matrimonio. Fece sapere alla figlia che lui sarebbe stato concorde con lei per rimanere in Italia solo se il suo ragazzo l`avrebbe sposata subito. Purtroppo questo non fu possibile perche` con le leggi di allora un forestale doveva raggiungere un numero di anni di servizio ed un eta` ben prestabilita prima che potesse sposarsi. Fu cosi` che i due giovani innamorati, visto alle porte un`immancabile separazione decisero di comune accordo di consumare il loro amore.
Arrivo` il giorno della partenza,
col doloroso distacco si aggiunse la notizia da parte di lei che da quella notte d`amore ne era rimasta incinta. Il distacco fu struggente miticato in qualche modo dalla promessa di entrambi di amarsi sempre e di riunirsi al piu` presto possibile. Lei dopo alcuni mesi in America diede alla luce un bel bambino. Lui in Italia riconobbe subito la sua paternita`. Gli anni passarono, arrivo` la guerra, ai sacrifici della madre che doveva da sola accudire e far crescere il suo bambino, faceva riscontro il dolore di un padre lontano che non poteva conoscere la sua creatura. Con gli anni che passavano si faceva sempre piu` difficile la possibilita` di una loro agognata riunione. Il destino si accani` contro di loro tanto che per diverse circostanze non potettero mai piu` rivedersi. Lui mori`senza mai avere avuta la gioia di conoscere il suo figliolo, lei continuo` a vivere nel dolce ricordo di un amore perduto. Il ragazzo frutto di quell`amore, ormai diciottenne, veniva per la prima volta in Italia
per riscuotere l`eredita` che suo padre
gli aveva lasciato.
Dopo il lungo viaggio arrivato a Napoli, sicuri che non ci saremmo mai piu` rivisti, ci salutammo augurandogli buona permanenza in Italia. Alcuni giorni dopo il nostro arrivo a Cansano, in una splendita serata di Agosto cansanese con un cielo trapuntato da una miriade di stelle decidemmo con mio cugino e con le nostre fidanzate di fare una camminata verso San Donato. Arrivati all`altezza del campo sportivo notammo un gruppo di persone che guardavano con compiacimento il meraviglioso cielo del nostro paese. Ci avvicinammo a loro e con enorme sorpresa riconoscemmo il nostro giovane amico. Sorpreso gli chiedemmo come mai si trovava a Cansano. Lui ci rispose che era venuto a conoscere i parenti di suo padre. Eravamo, senza saperlo, suoi paesani. Suo padre, se ricordo bene, si chiamava Giuseppe ed era della famiglia De Bartolomeis.